IL CERCHIO DEI PAPA’: IL CONSULTORIO FAMIGLIARE ED IL MONDO EMOTIVO DEI NEO-PADRI
Alberto Pellai, Donata Dalessandro°
Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano
°Consultorio famigliare di Somma Lombardo – ASL di varese
In cima al monte della tua pancia non so decidere se la mia vita sta andando in salita o in discesa. Mi sembra di essere arrivato ad un punto cruciale, uno di quei momenti dove sai che stai per svoltare, ma non riesco ad immaginare se la svolta mi porta verso un nuovo innesto dell’autostrada della mia esistenza o mi spinge a fare una totale inversione di rotta. Andrò avanti o tornerò indietro, là da dove sono partito? L’idea di muovermi nel percorso della mia vita mi attrae e mi sostiene in questo cammino incredibile, dove tutto però ancora deve essere compiuto. Tu diverrai parte di questo progetto ma io non ho ancora un foglio bianco su cui disegnarlo ed un quadro non può vivere solo nella mente del suo pittore. Deve trovare una tela su cui diventare un oggetto per lo sguardo di chi vuole ammirarlo. Io sarò parte della tua tela. (…)
Fino ad oggi la vita mi ha abituato ad avere sempre tutto sotto controllo. Il mio lavoro lo faccio scorrere lungo il binario del prevedibile. Ora tu vieni, invece, a portare una nuova regola: la regola della non regola. Non so chi sei, non so come sarai, so solo che ci sei. E questo a volte mi fa sperimentare una vertigine assoluta. Mi sembra di camminare come un acrobata che muove lentamente i suoi passi su una fune sospesa a metri da terra. (…) E una grandissima paura, che nasce dal profondo, da un luogo sotterraneo e nascosto dentro di me - cui io non riesco ad avere accesso - mi paralizza e ferma il mio cammino. Ho paura, ho una enorme paura.
Alberto Pellai “Sul monte della tua pancia” Edizioni San Paolo, Milano 2007
INTRODUZIONE
Diventare padri, non vuole dire necessariamente “sentirsi padri”. Mentre l’essere padre implica assumersi una serie di impegni e di doveri, dal punto di vista legale ed educativo, sentirsi padri significa invece riconoscere uno status interno che autorizza l’uomo a prefigurarsi e percepirsi come caregiver e figura di attaccamento per il proprio bambino.
In effetti, un uomo che decide di avere un figlio va incontro ad una fase del proprio ciclo di vita che ha un enorme potenziale di trasformazione. Diventare genitori comporta, infatti, una definitiva trasformazione della propria identità: insieme al proprio bambino un uomo vede nascere un “nuovo se stesso”.
E’ una trasformazione che comporta la necessità di ri-costruire un’immagine mentale di sé modellata su nuovi ruoli e nuovi funzioni. L’uomo che diventa padre diventa un individuo nuovo “a se stesso”, ma anche alla e per la propria compagna. L’annuncio della nascita di un figlio, specie se il primo, suggellato da un test di gravidanza positivo, dà origine ad una cascata di eventi interni che in modo parallelo coinvolgono il mondo emotivo e profondo di entrambi i futuri genitori. I nove mesi dell’attesa rappresentano il periodo in cui si inizia a costituire “lo spazio fisico e mentale” per un terzo soggetto della propria storia famigliare, processo che connota un impegnativo passaggio, quello in cui una coppia affettiva adulta da diade diventerà triade. Se le trasformazioni che interessano il mondo dei pensieri e delle emozioni delle future mamme è stato a lungo oggetto di approfondite ricerche, ben poco, invece, si sa dell’equivalente versante maschile.
Per molti uomini, in effetti, non sempre è facile accogliere l’esperienza della paternità a braccia e a cuore aperto: impegni professionali, analfabetismo emotivo, delega alle madri e precedenti esperienze negative vissute quando si rivestiva il ruolo di figli sono gli elementi che possono precocemente limitare e mettere a rischio l’esperienza paterna, rendendola complessa e difficile. Per molti uomini “diventare padre” è una conquista a lungo sognata, un obiettivo della vita che si realizza. Per altri, invece, è un evento a lungo rimandato, spesso evitato, non sempre cercato e voluto, anche quando si concretizza nella realtà.
Per molti uomini, diventare padre spaventa perché viene interpretato come un’interruzione del proprio ciclo di vita, un ostacolo nei confronti di tutto ciò che è stato conquistato fino a quel momento della propria esistenza: la posizione e la stabilità professionale; la libertà di usare il tempo libero a proprio vantaggio e piacimento. Tutti gli uomini vivono esperienze emotive profonde in prossimità dell’evento nascita del proprio figlio, ma ciò che colpisce è che quasi nessun uomo riesce davvero a raccontare e parlare di tutto questo con qualcuno. L’esperienze emotiva dei nuovi padri rimane ancora un mistero inesplorato, un evento interiore di cui si sa pochissimo.
LA FATICA DI DIVENTARE PADRE
Sono pochissime le ricerche che hanno indagato il mondo emotivo e profondo dei padri nel periodo più precoce, quello che va dall’inizio della gravidanza al primo semestre di vita del proprio figlio, dopo l’evento nascita. Una significativa quantità di studi e ricerche ha rivelato e raccontato gli effetti negativi della depressione materna sullo sviluppo del bambino, sia in termini organici, che psicologici, emotivi e comportamentali. La depressione post-natale catalizza sempre più interesse e attenzione , anche perché risulta sempre più evidente che l’interruzione di cure adeguate da parte di madri depresse comporta nel medio-lungo termine seri problemi di natura sociale, comportamentale, cognitivi ed organici nel figlio.[1][1]
Poiché la base su cui si innesta tutta la sintomatologia del neonato è associata ad una compromissione della qualità delle cure genitoriali, con una ridotta interazione genitore-bambino, possiamo immaginare che anche la depressione paterna possa giocare un ruolo significativo in questa direzione.
La grande novità in termini di letteratura scientifica consiste nel fatto che negli ultimi anni si è cominciato a parlare anche di depressione post-partum dei papà (particolarmente all’interno di quelle coppie in cui la stessa madre già ha sofferto di depressione[2][2]). Ci sono ricerche che attestano la prevalenza di depressione paterna nei neo papà intorno al 5%, altre come la recente ricerca di Paulson et al.[3][3] che hanno individuato un 10% di neopadri con sintomi depressivi, all’interno di un campione di 5089 famiglie. Quello di Paulson è il primo studio che riesce ad evidenziare su un campione di così larga scala la significatività dell’evento depressivo sulla popolazione dei padri, la cui condizione sintomatologica (parimenti all’equivalente status materno) si rivela negativamente associata con pratiche di accudimento e di interazione genitore – neonato più scadenti (sono state valutate abitudini quali cantare canzoni, raccontare storie e leggere al bambino).
Ramchandani et al[4][4], (2005) hanno dimostrato in una ricerca che ha coinvolto 8431 neo-padri studiati nei loro tratti depressivi grazie all’utilizzo della Edimburgh Postnatal Depression Scale (EPDS) somministratata all’ottava settimana di vita del figlio, che la depressione paterna nel periodo postatale è associata con disturbi emotivi e comportamentali che il bambino manifesta all’età di 3 anni e mezzo (OR 2.09, 95% IC 1.42-3.08) con particolare evidenza di disturbi della condotta nei figli maschi (OR 2.66, IC 1.67-4.25). Questo studio dimostra che la depressione paterna, al pari di quella materna, gioca un ruolo specifico e persistente nella genesi precoce di problemi comportamentali e di sviluppo emotivo nei bambini.
Altre ricerche, hanno pure dimostrato che i figli di padri depressi hanno un’aumentata prevalenza di manifestazioni psicopatologiche[5][5], ma quella di Ramchandani è attualmente l’unica disponibile in grado di dimostrare l’effetto precoce che la depressione paterna produce quando compare in tempi molto vicini alla nascita del figlio
A tutt’oggi però, pur conoscendo i numeri e in parte le conseguenze, sappiamo poco, invece, relativamente alle cause di questo fenomeno. E’ evidente che queste alte percentuali di neo-padri depressi nascondono una “fatica emotiva” non indifferente ad accogliere gli importanti cambiamenti intrapsichici che un uomo deve affrontare nel momento in cui si trasforma” in padre. Ma sapere perché ciò avviene è tutto un altro discorso, che però avrebbe fondamentali ricadute in termini di qualità della vita, indicatori di salute e programmazione di tutela della salute famigliare da parte delle agenzie che si occupano di sanità pubblica. Infatti, sostenere il ruolo, le funzioni e la competenza emotiva dei neo-papà significa investire in un fattore protettivo di salute di primaria importanza, non solo per il nascituro, ma anche per la coppia genitoriale come è stato ben dimostrato da più studi. Gli effetti protettivi della competenza paterna, tra l’altro, sono evidenti anche in una prospettiva a medio e lungo termine.
IL RUOLO PROTETTIVO DEI PADRI
Sappiamo, infatti, con certezza che il ruolo dei padri rimane insostituibile nel percorso di crescita del proprio figlio. La letteratura attuale parla di padri assenti e imputa alla loro latitanza educativa molti dei problemi di sviluppo manifestati dai soggetti in età evolutiva, soprattutto nell’ ingresso in adolescenza. Ma non è solo in questa fase critica dell’età evolutiva che un padre svolge e assolve le proprie funzioni protettive. Moltissimi psicologi hanno infatti connotato alcuni aspetti che sono unici ed intrinseci nel e del ruolo paterno.
J. Lacan[6][6] (1966) ha ben spiegato che al padre spetta il compito psicologico di “collocarsi” al centro della relazione madre-figlio durante le fasi pre-edipiche dello sviluppo, divenendo un polo alternativo in grado di attenuare le funzioni specifiche assolte dalla madre nel suo ruolo essenziale di “colei che soddisfa i bisogni del bambino”. Il padre con il suo intervento educativo, priva il bambino dell’oggetto del suo investimento affettivo primario facendolo passare dalla logica del bisogno a quella del desiderio.
Non va trascurato, del resto, che se l’uomo prova a stare sulla scena sin dai momenti più precoci, a guadagnarne in qualità e intensità potrebbe essere anche il rapporto madre-figlio visto che, come afferma J. Bowlby[7][7], l’uomo offrendo sostegno emotivo alla propria compagna, fungerà per lei da base sicura, divenendo in tale modo anch’egli figura di attaccamento (Main, Weston, 1981).
Come scrivono Lis & Zennaro[8][8] (1998) tra l’altro, il supporto del padre aiuta la madre a migliorarsi sia come genitore che come persona. Non appare casuale, infatti, che molte madri soffrano di un grave arresto dello sviluppo personale proprio in ragione della latitanza paterna, in concomitanza della nascita del proprio figlio. Nei primi mesi di vita il padre assolve alla funzione di sostegno alla diade madre-bambino sia tramite l’apporto all’interazione diretta con l’infante che attraverso la sua funzione di regolazione dell’ambiente famigliare (Lis A, Zennaro A, 1998, pag.401).
Del resto la simbiosi tra madre e bambino è spesso così intensa e totale che un uomo può inserirsi al suo interno solo grazie alla disponibilità della propria compagna a farsi da parte per chiamarlo in causa, lasciando momenti diretti di interazione tra padre e figlio e fidandosi della sua capacità di essere presente e di prestare cure altrettanto premurose, sebbene dissimili da quelle che avrebbe adottato lei[9][9]. Questo coinvolgimento del padre deve essere facilitato il più precocemente possibile. La mamma deve “attivare” questo dispositivo di accudimento che nell’uomo scatta in modo meno automatico, rispetto a quanto succede alla donna. Infatti il sentirsi padre e la capacità di “costruire una propria immagine di sé assieme al bimbo” così da soddisfare adeguatamente ai suoi bisogni, sembra essere, nel maschio, associato all’opportunità di interagire precocemente con il proprio figlio. E cruciale sembra essere un’interazione padre-neonato che passa anche attraverso il contatto fisico.
Se questo “meccanismo” riesce ad essere attivato, la coppia affettiva si trasforma in un amorevole triangolo famigliare, in cui ogni membro gioca un ruolo che auto-mantiene la relazione affettiva all’interno del “nuovo sistema famiglia” e che permette al padre di abbracciare a tutto tondo la sua nuova dimensione genitoriale, connotata da una modalità emotiva sempre più personalizzata e amorevole, che ha fatto parlare di una paternità affettiva (Maggioni G[10][10], 2000). E’ questa la rivoluzione dei nuovi papà, così diversi dai padri del passato, che erano “caricati” di una forte valenza normativa, ma assai scarsi nell’assolvimento di funzioni affettive, la cui mancanza ha spesso lasciato affamati di “amore di padre” i figli delle passate generazioni.
IL CERCHIO DEI PAPA’
E’ proprio alla luce di tutte queste riflessioni, che da tre anni è stato messo a punto presso il Consultorio Famigliare di Somma Lombardo (ASL di Varese) un modello di intervento preventivo rivolto agli uomini e definito “Il cerchio dei papà”. Tale progetto è stato pensato per sostenere la funzione paterna nel periodo della gravidanza e del primo semestre di vita del neonato ed è finalizzato a favorire il coinvolgimento emotivo-affettivo del padre nell’accudimento del proprio figlio, migliorando la triangolazione madre-padre-bambino e facilitando lo sviluppo di un attaccamento sicuro nel neonato.
Il cerchio dei papà si “connota” come un corso di preparazione all’evento nascita, organizzato, strutturato e gestito secondo la modalità dei gruppi di auto-aiuto. In ogni cerchio vengono invitati e messi a confronto papà appartenenti a tre diversi sottogruppi:
1. papà che stanno per diventare papà per la prima volta;
2. papà che sono diventati papà per la prima volta da poche settimane o mesi
3. papà che stanno per diventare papà per la seconda o terza volta.
Proprio questa compresenza di uomini a diversi stadi del proprio “ruolo paterno” permette di facilitare lo scambio di esperienze, aspettative, idee ed emozioni che hanno differenti livelli di contenuto, elaborazione e sviluppo.
Nel cerchio i papà parlano di ciò che sentono e che provano in questo passaggio della loro vita. Le emozioni sono le protagoniste assolute di questo momento di scambio. La conduzione è affidata a due esperti, una psicologa ed un medico specializzando psicoterapeuta, entrambi genitori, che oltre a “fornire informazioni competenti ed a fungere da contenitore emotivo”, ripropongono ai presenti il modello della coppia coniugale e genitoriale: uomo/donna e madre/padre, consentendo di muoversi sia con i pensieri che con le emozioni, nella teoria della mente dell’uno e dell’altro.
La struttura del corso prevede 3 incontri a cadenza settimanale e un 4° dopo qualche mese dall’esperienza di coppia genitoriale.
a) il primo incontro è finalizzato a ricostruire il percorso intrapsichico che porta un uomo ad abbracciare l’idea della paternità. Agli uomini viene chiesto di raccontare, se se la sentono:
1. Il momento dell’annuncio. Pensieri ed emozioni di fronte al test di gravidanza positivo. Come è successo? Cosa è successo? Qualcuno ricorda quel momento ed eventuali pensieri negativi. E’ cambiato qualcosa nelle giornate seguenti?
2. Differenze tra uomini e donne di fronte all’evento nascita.
3. Differenze tra uomini e donne della famiglia o della cerchia di amici di fronte alla nascita di un figlio
4. GLI AMICI: Come hanno reagito gli amici, attraverso riti, parole e reazioni degli amici e dei colleghi di lavoro
5. AMICI E COLLEGHI MASCHI: come possono essere un sostegno o, al contrario, come la cultura “maschile” impedisce lo sviluppo di una solidarietà maschile
b) il secondo incontro esplora l’impatto che la nascita di un figlio ha sui tempi della famiglia e del lavoro e sugli stili di riempimento e occupazione del tempo libero. Inoltre ai padri viene chiesto di provare a raccontare che esperienza hanno vissuto con il proprio padre, che modello di paternità hanno introiettato nel periodo in cui sono stati figli e se pensano di modificarlo rispettando la individualità e la realtà di quel figlio di cui ssono diventati papa’. I temi e le domande del secondo incontro sono:
a) Chi lavora e ha un figlio che problemi incontra o incontrerà nella professione una volta diventato padre?
b) Quali “precauzioni” è utile adottare “preventivamente” per non farsi travolgere dal lavoro? (domanda per i futuri padri)
c) Cosa ricordi del padre che hai avuto? Cosa manterresti e cosa cambieresti nella tua personale esperienza di paternità, di ciò che hai sperimentato con tuo padre nella veste di figlio?
Al termine del secondo incontro i papà ricevono l’invito a scrivere una lettera al proprio figlio che sta per nascere o che è nato da poco. In alternativa, se un uomo lo desidera, può scrivere una lettera al proprio padre, con l’idea di dirgli cose di sé e di fargli conoscere aspetti che non è mai riuscito a condividere.
c) Il terzo incontro esplora i cambiamenti all’interno del rapporto di coppia che intervengono in funzione della nascita di un figlio, l’impatto che essi hanno sulla vita coniugale e sessuale, la fatica nella costruzione di un triangolo “famigliare” il cui equilibrio è una conquista e non uno “stato di fatto” che un uomo e una donna trovano già pronti. L’incontro si conclude con la lettura, da parte dei padri che desiderano farlo, della lettera preparata a casa. La quasi totalità dei papà partecipanti oltre a presentarsi all’incontro con una lettera scritta di proprio pungo, decide di metterla a disposizione degli altri papà. Il momento della lettura delle lettere è sempre molto emozionante: lacrime, sorrisi, applausi, silenzi si alternano in una sinfonia di corrispondenze empatiche di grande intensità in un “cerchio tutto al maschile”.
Ecco qualche estratto da alcune lettere scritte dai padri in questi anni:
“A quasi una settimana dalla tua nascita, milioni sarebbero le cose che vorrei dirti, soprattutto la notte, quando il silenzio ci avvolge, soli, noi tre, ti guardo ed i pensieri iniziano a scorrere nella mia mente e allora vorrei dirti quanto ti abbiamo desiderato, quanto ti abbiamo cercato, la gioia di, quando abbiamo saputo che nella pancia della mamma ti eri fermato, i nove mesi di attesa, ma ciò che ti voglio raccontare è il momento in cui ti ho visto, ti ho preso in braccio e ci siamo presentati.”
Ciao “Piccolino”, mancano pochi giorni alla tua nascita e così finalmente io e la tua mamma ti potremo vedere, dopo averti tanto immaginato e fantasticato per nove mesi, e anche tu potrai vedere le due persone che con tanto amore ti hanno concepito e con tantissimo amore sono impazienti di accoglierti. (….) Sono sicuro che ti chiederai molte cose della “nuova vita” che ti aspetta, per esempio vorrai sapere cosa sarai per me. Beh, ti posso dire che tu così piccolo sarai per me la cosa più grande che io abbia mai avuto. Tu così piccolo sarai per me la cosa più grande che io abbia mai avuto, sarai la mia priorità, il primo e l’ultimo pensiero del giorno, sarai gioia e soddisfazione, sarai serenità e sicurezza, seppur a volte sarai preoccupazione e dolore, dubbio e ansietà, insomma sarai vita. Spesso mi capita di pensare se sarò un buon padre per te! La risposta che mi do è che sicuramente non sarò perfetto, perché non esiste una scuola per imparare ad essere genitore, ma ti prometto che farò del mio meglio e imparando dagli errori eviterò di ripeterli.
“Non sono mai riuscito a dirti davvero quello che avevo nel cuore perché mi hai sempre fatto paura. Temevo il tuo giudizio, le tue mani sulla mia faccia (quante sberle mi hai dato), il tuo sguardo a volte ironico, a volte sprezzante. Avevo paura sempre di essere qualcosa di diverso da ciò che tu avresti invece desiderato. Ed infatti sono diventato davvero differente da come tu avresti voluto. Ho scelto un lavoro che disprezzavi, una donna che non ti piaceva, ho cresciuto i miei figli con la gioia nel cuore e soprattutto con la voglia di padre, quella che io non ho mai avuto per te e con te. Ed ora che ti vedo incamminarti verso la vecchiaia mi rendo conto che la solitudine con cui mi hai cresciuto è la solitudine con cui tu sei cresciuto e hai vissuto sempre. Non avevi altro modo per essere ciò che sei stato e la mia rabbia nei tuoi confronti è diventata tristezza. Tristezza perché ho capito che hai rincorso molte cose nella tua vita, senza mai afferrare, forse, la più bella: il mio amore di figlio. Non l’ho cancellato il mio amore per te: l’ho nascosto in un angolo del mio cuore. Chissa che questa lettera mi aiuti a rendertelo visibile. Ciao papà”
d) Il quarto incontro viene attivato solo previa discussione con i padri ai quali si propone di rincontrarsi in coppia e di partecipare ad un “grande cerchio di coppie genitoriali” al quale sono invitate anche le compagne. Questo è di solito il momento che chiude il ciclo degli incontri con i padri, che vengono però invitati, qualora ne avessero bisogno a si trovassero
ad affrontare una crisi nei mesi successivi a rivolgersi al Consultorio Famigliare per chiedere aiuto e sostegno.
CONCLUSIONI
In questi anni abbiamo incontrato molti padri, abbiamo parlato con loro e loro hanno parlato con noi e tra di loro. Abbiamo intuito l’importanza di creare uno “spazio” protetto sia fisico che mentale in cui i padri possano conoscersi e riconoscersi e condividere tutto ciò che li attraversa nel proprio mondo profondo in prossimità dell’evento “nascita”. Dai racconti che i padri fanno all’interno del cerchio ci siamo resi conto che si sta modificando il ruolo e la funzione paterna nel periodo pre- e perinatale. I nuovi padri sono molto più presenti, specialmente rispetto a quanto avveniva in passato, ma mancano ancora di “alcuni saperi” che potrebbero invece potenziare e migliorare la qualità della relazione con il proprio figlio e con la proprio compagna. In molti casi ci siamo resi conto che i padri faticano ad avere una piena consapevolezza delle trasformazioni emotive che l’esperienza della genitorialità porta con sé, e proprio in relazione a questo chiedono di essere aiutati. Quasi mai però ai neo-padri vengono offerte occasioni significative di ascolto, attenzione e condivisione emotiva, come invece succede alle mamme, alle quali moltissime Aziende Sanitarie offrono vicinanza, sostegno e accompagnamento competente sia nel periodo pre-partum che il quello post-partum attraverso le iniziativa solitamente designate con il nome “percorso nascita”.
Il cerchio dei papà è un primo “esperimento” di questo tipo e, considerato la risposta e la partecipazione che ha ottenuto da parte dei papà coinvolti, potrebbe divenire un esempio di buona pratica alla quale ispirarsi per replicare la medesima esperienza in altre realtà e contesti affinche si crei una cultura dell’evento nascita in cui mamma e papà insieme possano partecipare ai “corsi di preparazione alla nascita”.
[1][1] Murray L., Cooper P. Intergenerational transmission of affective and cognitive processes associated with depression: infancy and the preschool years” in Goodyer I, ed. Unipolar depression: a lifespan prospective. Oxford: Oxford University Press, 2003
Downey G, Coyne JC Children of depressed parents: an integrative review. Psychol Bull 1990; 108:50-76
Rahman A., Iqbal Z, Bunn J et al. Impact of maternal depression on infant nutritional status and illness: a cohort study. Arch Gen Psychiatry 2004;61:946-952
[2][2] Ballard C, Davies R Postnatal depression in fathers. Int Rev. Psychiatry, 1996; 8:65-71
[3][3] Paulson JF, Dauber S, Leiferman JA Individual and combined effects of postpartum depression in mothers and fathers on parenting behavior. Pediatrics 2006; 118:659-668
[4][4] Ramchandani P., Stein A., Evans J., O’Connor TG and The ALSPAC study team (2005) Paternal depression in the postnatal period and child development:a prospective population study. Lancet 2005; 365:2201-05
[5][5] Kane P, Garber J The relationship among depression in fathers, children’s psychopathology, and father-child conflict: a meta-analysis. Clin Psychol Rev 2004; 24:339-60
[6][6] Lacan J. (1966) Scritti Trad. it. Einaudi 1974
[7][7] Bowlby J (1979) Attaccamento e perdita. Vol.: L’attaccamento alla madre. Trad. it. Boringhieri
Bowlby J. (1988) Una base sicura, trad.it Raffaello Cortina 1989
[8][8] Lis A., Zennaro A., Riflessioni sulla paternità: dalla transitino to fatherhood ai primi anni di vita del bambino. Psicologia clinica dello sviluppo, 3: 401
[9][9] Quagli R (a cura di) Il “valore del padre. Il ruolo paterno nello sviluppo del bambino. Torino: UTET, 2001
Greemberg M. Il mestiere di papà. Il ruolo del padre nello sviluppo del bambino e nella crescita di tutta la famiglia. Como: RED, 1994
[10][10] Maggioni G. (a cura di) Padri nei nostril tempi. Ruoli, identità, esperienze. Donzelli, Milano
Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano
°Consultorio famigliare di Somma Lombardo – ASL di varese
In cima al monte della tua pancia non so decidere se la mia vita sta andando in salita o in discesa. Mi sembra di essere arrivato ad un punto cruciale, uno di quei momenti dove sai che stai per svoltare, ma non riesco ad immaginare se la svolta mi porta verso un nuovo innesto dell’autostrada della mia esistenza o mi spinge a fare una totale inversione di rotta. Andrò avanti o tornerò indietro, là da dove sono partito? L’idea di muovermi nel percorso della mia vita mi attrae e mi sostiene in questo cammino incredibile, dove tutto però ancora deve essere compiuto. Tu diverrai parte di questo progetto ma io non ho ancora un foglio bianco su cui disegnarlo ed un quadro non può vivere solo nella mente del suo pittore. Deve trovare una tela su cui diventare un oggetto per lo sguardo di chi vuole ammirarlo. Io sarò parte della tua tela. (…)
Fino ad oggi la vita mi ha abituato ad avere sempre tutto sotto controllo. Il mio lavoro lo faccio scorrere lungo il binario del prevedibile. Ora tu vieni, invece, a portare una nuova regola: la regola della non regola. Non so chi sei, non so come sarai, so solo che ci sei. E questo a volte mi fa sperimentare una vertigine assoluta. Mi sembra di camminare come un acrobata che muove lentamente i suoi passi su una fune sospesa a metri da terra. (…) E una grandissima paura, che nasce dal profondo, da un luogo sotterraneo e nascosto dentro di me - cui io non riesco ad avere accesso - mi paralizza e ferma il mio cammino. Ho paura, ho una enorme paura.
Alberto Pellai “Sul monte della tua pancia” Edizioni San Paolo, Milano 2007
INTRODUZIONE
Diventare padri, non vuole dire necessariamente “sentirsi padri”. Mentre l’essere padre implica assumersi una serie di impegni e di doveri, dal punto di vista legale ed educativo, sentirsi padri significa invece riconoscere uno status interno che autorizza l’uomo a prefigurarsi e percepirsi come caregiver e figura di attaccamento per il proprio bambino.
In effetti, un uomo che decide di avere un figlio va incontro ad una fase del proprio ciclo di vita che ha un enorme potenziale di trasformazione. Diventare genitori comporta, infatti, una definitiva trasformazione della propria identità: insieme al proprio bambino un uomo vede nascere un “nuovo se stesso”.
E’ una trasformazione che comporta la necessità di ri-costruire un’immagine mentale di sé modellata su nuovi ruoli e nuovi funzioni. L’uomo che diventa padre diventa un individuo nuovo “a se stesso”, ma anche alla e per la propria compagna. L’annuncio della nascita di un figlio, specie se il primo, suggellato da un test di gravidanza positivo, dà origine ad una cascata di eventi interni che in modo parallelo coinvolgono il mondo emotivo e profondo di entrambi i futuri genitori. I nove mesi dell’attesa rappresentano il periodo in cui si inizia a costituire “lo spazio fisico e mentale” per un terzo soggetto della propria storia famigliare, processo che connota un impegnativo passaggio, quello in cui una coppia affettiva adulta da diade diventerà triade. Se le trasformazioni che interessano il mondo dei pensieri e delle emozioni delle future mamme è stato a lungo oggetto di approfondite ricerche, ben poco, invece, si sa dell’equivalente versante maschile.
Per molti uomini, in effetti, non sempre è facile accogliere l’esperienza della paternità a braccia e a cuore aperto: impegni professionali, analfabetismo emotivo, delega alle madri e precedenti esperienze negative vissute quando si rivestiva il ruolo di figli sono gli elementi che possono precocemente limitare e mettere a rischio l’esperienza paterna, rendendola complessa e difficile. Per molti uomini “diventare padre” è una conquista a lungo sognata, un obiettivo della vita che si realizza. Per altri, invece, è un evento a lungo rimandato, spesso evitato, non sempre cercato e voluto, anche quando si concretizza nella realtà.
Per molti uomini, diventare padre spaventa perché viene interpretato come un’interruzione del proprio ciclo di vita, un ostacolo nei confronti di tutto ciò che è stato conquistato fino a quel momento della propria esistenza: la posizione e la stabilità professionale; la libertà di usare il tempo libero a proprio vantaggio e piacimento. Tutti gli uomini vivono esperienze emotive profonde in prossimità dell’evento nascita del proprio figlio, ma ciò che colpisce è che quasi nessun uomo riesce davvero a raccontare e parlare di tutto questo con qualcuno. L’esperienze emotiva dei nuovi padri rimane ancora un mistero inesplorato, un evento interiore di cui si sa pochissimo.
LA FATICA DI DIVENTARE PADRE
Sono pochissime le ricerche che hanno indagato il mondo emotivo e profondo dei padri nel periodo più precoce, quello che va dall’inizio della gravidanza al primo semestre di vita del proprio figlio, dopo l’evento nascita. Una significativa quantità di studi e ricerche ha rivelato e raccontato gli effetti negativi della depressione materna sullo sviluppo del bambino, sia in termini organici, che psicologici, emotivi e comportamentali. La depressione post-natale catalizza sempre più interesse e attenzione , anche perché risulta sempre più evidente che l’interruzione di cure adeguate da parte di madri depresse comporta nel medio-lungo termine seri problemi di natura sociale, comportamentale, cognitivi ed organici nel figlio.[1][1]
Poiché la base su cui si innesta tutta la sintomatologia del neonato è associata ad una compromissione della qualità delle cure genitoriali, con una ridotta interazione genitore-bambino, possiamo immaginare che anche la depressione paterna possa giocare un ruolo significativo in questa direzione.
La grande novità in termini di letteratura scientifica consiste nel fatto che negli ultimi anni si è cominciato a parlare anche di depressione post-partum dei papà (particolarmente all’interno di quelle coppie in cui la stessa madre già ha sofferto di depressione[2][2]). Ci sono ricerche che attestano la prevalenza di depressione paterna nei neo papà intorno al 5%, altre come la recente ricerca di Paulson et al.[3][3] che hanno individuato un 10% di neopadri con sintomi depressivi, all’interno di un campione di 5089 famiglie. Quello di Paulson è il primo studio che riesce ad evidenziare su un campione di così larga scala la significatività dell’evento depressivo sulla popolazione dei padri, la cui condizione sintomatologica (parimenti all’equivalente status materno) si rivela negativamente associata con pratiche di accudimento e di interazione genitore – neonato più scadenti (sono state valutate abitudini quali cantare canzoni, raccontare storie e leggere al bambino).
Ramchandani et al[4][4], (2005) hanno dimostrato in una ricerca che ha coinvolto 8431 neo-padri studiati nei loro tratti depressivi grazie all’utilizzo della Edimburgh Postnatal Depression Scale (EPDS) somministratata all’ottava settimana di vita del figlio, che la depressione paterna nel periodo postatale è associata con disturbi emotivi e comportamentali che il bambino manifesta all’età di 3 anni e mezzo (OR 2.09, 95% IC 1.42-3.08) con particolare evidenza di disturbi della condotta nei figli maschi (OR 2.66, IC 1.67-4.25). Questo studio dimostra che la depressione paterna, al pari di quella materna, gioca un ruolo specifico e persistente nella genesi precoce di problemi comportamentali e di sviluppo emotivo nei bambini.
Altre ricerche, hanno pure dimostrato che i figli di padri depressi hanno un’aumentata prevalenza di manifestazioni psicopatologiche[5][5], ma quella di Ramchandani è attualmente l’unica disponibile in grado di dimostrare l’effetto precoce che la depressione paterna produce quando compare in tempi molto vicini alla nascita del figlio
A tutt’oggi però, pur conoscendo i numeri e in parte le conseguenze, sappiamo poco, invece, relativamente alle cause di questo fenomeno. E’ evidente che queste alte percentuali di neo-padri depressi nascondono una “fatica emotiva” non indifferente ad accogliere gli importanti cambiamenti intrapsichici che un uomo deve affrontare nel momento in cui si trasforma” in padre. Ma sapere perché ciò avviene è tutto un altro discorso, che però avrebbe fondamentali ricadute in termini di qualità della vita, indicatori di salute e programmazione di tutela della salute famigliare da parte delle agenzie che si occupano di sanità pubblica. Infatti, sostenere il ruolo, le funzioni e la competenza emotiva dei neo-papà significa investire in un fattore protettivo di salute di primaria importanza, non solo per il nascituro, ma anche per la coppia genitoriale come è stato ben dimostrato da più studi. Gli effetti protettivi della competenza paterna, tra l’altro, sono evidenti anche in una prospettiva a medio e lungo termine.
IL RUOLO PROTETTIVO DEI PADRI
Sappiamo, infatti, con certezza che il ruolo dei padri rimane insostituibile nel percorso di crescita del proprio figlio. La letteratura attuale parla di padri assenti e imputa alla loro latitanza educativa molti dei problemi di sviluppo manifestati dai soggetti in età evolutiva, soprattutto nell’ ingresso in adolescenza. Ma non è solo in questa fase critica dell’età evolutiva che un padre svolge e assolve le proprie funzioni protettive. Moltissimi psicologi hanno infatti connotato alcuni aspetti che sono unici ed intrinseci nel e del ruolo paterno.
J. Lacan[6][6] (1966) ha ben spiegato che al padre spetta il compito psicologico di “collocarsi” al centro della relazione madre-figlio durante le fasi pre-edipiche dello sviluppo, divenendo un polo alternativo in grado di attenuare le funzioni specifiche assolte dalla madre nel suo ruolo essenziale di “colei che soddisfa i bisogni del bambino”. Il padre con il suo intervento educativo, priva il bambino dell’oggetto del suo investimento affettivo primario facendolo passare dalla logica del bisogno a quella del desiderio.
Non va trascurato, del resto, che se l’uomo prova a stare sulla scena sin dai momenti più precoci, a guadagnarne in qualità e intensità potrebbe essere anche il rapporto madre-figlio visto che, come afferma J. Bowlby[7][7], l’uomo offrendo sostegno emotivo alla propria compagna, fungerà per lei da base sicura, divenendo in tale modo anch’egli figura di attaccamento (Main, Weston, 1981).
Come scrivono Lis & Zennaro[8][8] (1998) tra l’altro, il supporto del padre aiuta la madre a migliorarsi sia come genitore che come persona. Non appare casuale, infatti, che molte madri soffrano di un grave arresto dello sviluppo personale proprio in ragione della latitanza paterna, in concomitanza della nascita del proprio figlio. Nei primi mesi di vita il padre assolve alla funzione di sostegno alla diade madre-bambino sia tramite l’apporto all’interazione diretta con l’infante che attraverso la sua funzione di regolazione dell’ambiente famigliare (Lis A, Zennaro A, 1998, pag.401).
Del resto la simbiosi tra madre e bambino è spesso così intensa e totale che un uomo può inserirsi al suo interno solo grazie alla disponibilità della propria compagna a farsi da parte per chiamarlo in causa, lasciando momenti diretti di interazione tra padre e figlio e fidandosi della sua capacità di essere presente e di prestare cure altrettanto premurose, sebbene dissimili da quelle che avrebbe adottato lei[9][9]. Questo coinvolgimento del padre deve essere facilitato il più precocemente possibile. La mamma deve “attivare” questo dispositivo di accudimento che nell’uomo scatta in modo meno automatico, rispetto a quanto succede alla donna. Infatti il sentirsi padre e la capacità di “costruire una propria immagine di sé assieme al bimbo” così da soddisfare adeguatamente ai suoi bisogni, sembra essere, nel maschio, associato all’opportunità di interagire precocemente con il proprio figlio. E cruciale sembra essere un’interazione padre-neonato che passa anche attraverso il contatto fisico.
Se questo “meccanismo” riesce ad essere attivato, la coppia affettiva si trasforma in un amorevole triangolo famigliare, in cui ogni membro gioca un ruolo che auto-mantiene la relazione affettiva all’interno del “nuovo sistema famiglia” e che permette al padre di abbracciare a tutto tondo la sua nuova dimensione genitoriale, connotata da una modalità emotiva sempre più personalizzata e amorevole, che ha fatto parlare di una paternità affettiva (Maggioni G[10][10], 2000). E’ questa la rivoluzione dei nuovi papà, così diversi dai padri del passato, che erano “caricati” di una forte valenza normativa, ma assai scarsi nell’assolvimento di funzioni affettive, la cui mancanza ha spesso lasciato affamati di “amore di padre” i figli delle passate generazioni.
IL CERCHIO DEI PAPA’
E’ proprio alla luce di tutte queste riflessioni, che da tre anni è stato messo a punto presso il Consultorio Famigliare di Somma Lombardo (ASL di Varese) un modello di intervento preventivo rivolto agli uomini e definito “Il cerchio dei papà”. Tale progetto è stato pensato per sostenere la funzione paterna nel periodo della gravidanza e del primo semestre di vita del neonato ed è finalizzato a favorire il coinvolgimento emotivo-affettivo del padre nell’accudimento del proprio figlio, migliorando la triangolazione madre-padre-bambino e facilitando lo sviluppo di un attaccamento sicuro nel neonato.
Il cerchio dei papà si “connota” come un corso di preparazione all’evento nascita, organizzato, strutturato e gestito secondo la modalità dei gruppi di auto-aiuto. In ogni cerchio vengono invitati e messi a confronto papà appartenenti a tre diversi sottogruppi:
1. papà che stanno per diventare papà per la prima volta;
2. papà che sono diventati papà per la prima volta da poche settimane o mesi
3. papà che stanno per diventare papà per la seconda o terza volta.
Proprio questa compresenza di uomini a diversi stadi del proprio “ruolo paterno” permette di facilitare lo scambio di esperienze, aspettative, idee ed emozioni che hanno differenti livelli di contenuto, elaborazione e sviluppo.
Nel cerchio i papà parlano di ciò che sentono e che provano in questo passaggio della loro vita. Le emozioni sono le protagoniste assolute di questo momento di scambio. La conduzione è affidata a due esperti, una psicologa ed un medico specializzando psicoterapeuta, entrambi genitori, che oltre a “fornire informazioni competenti ed a fungere da contenitore emotivo”, ripropongono ai presenti il modello della coppia coniugale e genitoriale: uomo/donna e madre/padre, consentendo di muoversi sia con i pensieri che con le emozioni, nella teoria della mente dell’uno e dell’altro.
La struttura del corso prevede 3 incontri a cadenza settimanale e un 4° dopo qualche mese dall’esperienza di coppia genitoriale.
a) il primo incontro è finalizzato a ricostruire il percorso intrapsichico che porta un uomo ad abbracciare l’idea della paternità. Agli uomini viene chiesto di raccontare, se se la sentono:
1. Il momento dell’annuncio. Pensieri ed emozioni di fronte al test di gravidanza positivo. Come è successo? Cosa è successo? Qualcuno ricorda quel momento ed eventuali pensieri negativi. E’ cambiato qualcosa nelle giornate seguenti?
2. Differenze tra uomini e donne di fronte all’evento nascita.
3. Differenze tra uomini e donne della famiglia o della cerchia di amici di fronte alla nascita di un figlio
4. GLI AMICI: Come hanno reagito gli amici, attraverso riti, parole e reazioni degli amici e dei colleghi di lavoro
5. AMICI E COLLEGHI MASCHI: come possono essere un sostegno o, al contrario, come la cultura “maschile” impedisce lo sviluppo di una solidarietà maschile
b) il secondo incontro esplora l’impatto che la nascita di un figlio ha sui tempi della famiglia e del lavoro e sugli stili di riempimento e occupazione del tempo libero. Inoltre ai padri viene chiesto di provare a raccontare che esperienza hanno vissuto con il proprio padre, che modello di paternità hanno introiettato nel periodo in cui sono stati figli e se pensano di modificarlo rispettando la individualità e la realtà di quel figlio di cui ssono diventati papa’. I temi e le domande del secondo incontro sono:
a) Chi lavora e ha un figlio che problemi incontra o incontrerà nella professione una volta diventato padre?
b) Quali “precauzioni” è utile adottare “preventivamente” per non farsi travolgere dal lavoro? (domanda per i futuri padri)
c) Cosa ricordi del padre che hai avuto? Cosa manterresti e cosa cambieresti nella tua personale esperienza di paternità, di ciò che hai sperimentato con tuo padre nella veste di figlio?
Al termine del secondo incontro i papà ricevono l’invito a scrivere una lettera al proprio figlio che sta per nascere o che è nato da poco. In alternativa, se un uomo lo desidera, può scrivere una lettera al proprio padre, con l’idea di dirgli cose di sé e di fargli conoscere aspetti che non è mai riuscito a condividere.
c) Il terzo incontro esplora i cambiamenti all’interno del rapporto di coppia che intervengono in funzione della nascita di un figlio, l’impatto che essi hanno sulla vita coniugale e sessuale, la fatica nella costruzione di un triangolo “famigliare” il cui equilibrio è una conquista e non uno “stato di fatto” che un uomo e una donna trovano già pronti. L’incontro si conclude con la lettura, da parte dei padri che desiderano farlo, della lettera preparata a casa. La quasi totalità dei papà partecipanti oltre a presentarsi all’incontro con una lettera scritta di proprio pungo, decide di metterla a disposizione degli altri papà. Il momento della lettura delle lettere è sempre molto emozionante: lacrime, sorrisi, applausi, silenzi si alternano in una sinfonia di corrispondenze empatiche di grande intensità in un “cerchio tutto al maschile”.
Ecco qualche estratto da alcune lettere scritte dai padri in questi anni:
“A quasi una settimana dalla tua nascita, milioni sarebbero le cose che vorrei dirti, soprattutto la notte, quando il silenzio ci avvolge, soli, noi tre, ti guardo ed i pensieri iniziano a scorrere nella mia mente e allora vorrei dirti quanto ti abbiamo desiderato, quanto ti abbiamo cercato, la gioia di, quando abbiamo saputo che nella pancia della mamma ti eri fermato, i nove mesi di attesa, ma ciò che ti voglio raccontare è il momento in cui ti ho visto, ti ho preso in braccio e ci siamo presentati.”
Ciao “Piccolino”, mancano pochi giorni alla tua nascita e così finalmente io e la tua mamma ti potremo vedere, dopo averti tanto immaginato e fantasticato per nove mesi, e anche tu potrai vedere le due persone che con tanto amore ti hanno concepito e con tantissimo amore sono impazienti di accoglierti. (….) Sono sicuro che ti chiederai molte cose della “nuova vita” che ti aspetta, per esempio vorrai sapere cosa sarai per me. Beh, ti posso dire che tu così piccolo sarai per me la cosa più grande che io abbia mai avuto. Tu così piccolo sarai per me la cosa più grande che io abbia mai avuto, sarai la mia priorità, il primo e l’ultimo pensiero del giorno, sarai gioia e soddisfazione, sarai serenità e sicurezza, seppur a volte sarai preoccupazione e dolore, dubbio e ansietà, insomma sarai vita. Spesso mi capita di pensare se sarò un buon padre per te! La risposta che mi do è che sicuramente non sarò perfetto, perché non esiste una scuola per imparare ad essere genitore, ma ti prometto che farò del mio meglio e imparando dagli errori eviterò di ripeterli.
“Non sono mai riuscito a dirti davvero quello che avevo nel cuore perché mi hai sempre fatto paura. Temevo il tuo giudizio, le tue mani sulla mia faccia (quante sberle mi hai dato), il tuo sguardo a volte ironico, a volte sprezzante. Avevo paura sempre di essere qualcosa di diverso da ciò che tu avresti invece desiderato. Ed infatti sono diventato davvero differente da come tu avresti voluto. Ho scelto un lavoro che disprezzavi, una donna che non ti piaceva, ho cresciuto i miei figli con la gioia nel cuore e soprattutto con la voglia di padre, quella che io non ho mai avuto per te e con te. Ed ora che ti vedo incamminarti verso la vecchiaia mi rendo conto che la solitudine con cui mi hai cresciuto è la solitudine con cui tu sei cresciuto e hai vissuto sempre. Non avevi altro modo per essere ciò che sei stato e la mia rabbia nei tuoi confronti è diventata tristezza. Tristezza perché ho capito che hai rincorso molte cose nella tua vita, senza mai afferrare, forse, la più bella: il mio amore di figlio. Non l’ho cancellato il mio amore per te: l’ho nascosto in un angolo del mio cuore. Chissa che questa lettera mi aiuti a rendertelo visibile. Ciao papà”
d) Il quarto incontro viene attivato solo previa discussione con i padri ai quali si propone di rincontrarsi in coppia e di partecipare ad un “grande cerchio di coppie genitoriali” al quale sono invitate anche le compagne. Questo è di solito il momento che chiude il ciclo degli incontri con i padri, che vengono però invitati, qualora ne avessero bisogno a si trovassero
ad affrontare una crisi nei mesi successivi a rivolgersi al Consultorio Famigliare per chiedere aiuto e sostegno.
CONCLUSIONI
In questi anni abbiamo incontrato molti padri, abbiamo parlato con loro e loro hanno parlato con noi e tra di loro. Abbiamo intuito l’importanza di creare uno “spazio” protetto sia fisico che mentale in cui i padri possano conoscersi e riconoscersi e condividere tutto ciò che li attraversa nel proprio mondo profondo in prossimità dell’evento “nascita”. Dai racconti che i padri fanno all’interno del cerchio ci siamo resi conto che si sta modificando il ruolo e la funzione paterna nel periodo pre- e perinatale. I nuovi padri sono molto più presenti, specialmente rispetto a quanto avveniva in passato, ma mancano ancora di “alcuni saperi” che potrebbero invece potenziare e migliorare la qualità della relazione con il proprio figlio e con la proprio compagna. In molti casi ci siamo resi conto che i padri faticano ad avere una piena consapevolezza delle trasformazioni emotive che l’esperienza della genitorialità porta con sé, e proprio in relazione a questo chiedono di essere aiutati. Quasi mai però ai neo-padri vengono offerte occasioni significative di ascolto, attenzione e condivisione emotiva, come invece succede alle mamme, alle quali moltissime Aziende Sanitarie offrono vicinanza, sostegno e accompagnamento competente sia nel periodo pre-partum che il quello post-partum attraverso le iniziativa solitamente designate con il nome “percorso nascita”.
Il cerchio dei papà è un primo “esperimento” di questo tipo e, considerato la risposta e la partecipazione che ha ottenuto da parte dei papà coinvolti, potrebbe divenire un esempio di buona pratica alla quale ispirarsi per replicare la medesima esperienza in altre realtà e contesti affinche si crei una cultura dell’evento nascita in cui mamma e papà insieme possano partecipare ai “corsi di preparazione alla nascita”.
[1][1] Murray L., Cooper P. Intergenerational transmission of affective and cognitive processes associated with depression: infancy and the preschool years” in Goodyer I, ed. Unipolar depression: a lifespan prospective. Oxford: Oxford University Press, 2003
Downey G, Coyne JC Children of depressed parents: an integrative review. Psychol Bull 1990; 108:50-76
Rahman A., Iqbal Z, Bunn J et al. Impact of maternal depression on infant nutritional status and illness: a cohort study. Arch Gen Psychiatry 2004;61:946-952
[2][2] Ballard C, Davies R Postnatal depression in fathers. Int Rev. Psychiatry, 1996; 8:65-71
[3][3] Paulson JF, Dauber S, Leiferman JA Individual and combined effects of postpartum depression in mothers and fathers on parenting behavior. Pediatrics 2006; 118:659-668
[4][4] Ramchandani P., Stein A., Evans J., O’Connor TG and The ALSPAC study team (2005) Paternal depression in the postnatal period and child development:a prospective population study. Lancet 2005; 365:2201-05
[5][5] Kane P, Garber J The relationship among depression in fathers, children’s psychopathology, and father-child conflict: a meta-analysis. Clin Psychol Rev 2004; 24:339-60
[6][6] Lacan J. (1966) Scritti Trad. it. Einaudi 1974
[7][7] Bowlby J (1979) Attaccamento e perdita. Vol.: L’attaccamento alla madre. Trad. it. Boringhieri
Bowlby J. (1988) Una base sicura, trad.it Raffaello Cortina 1989
[8][8] Lis A., Zennaro A., Riflessioni sulla paternità: dalla transitino to fatherhood ai primi anni di vita del bambino. Psicologia clinica dello sviluppo, 3: 401
[9][9] Quagli R (a cura di) Il “valore del padre. Il ruolo paterno nello sviluppo del bambino. Torino: UTET, 2001
Greemberg M. Il mestiere di papà. Il ruolo del padre nello sviluppo del bambino e nella crescita di tutta la famiglia. Como: RED, 1994
[10][10] Maggioni G. (a cura di) Padri nei nostril tempi. Ruoli, identità, esperienze. Donzelli, Milano